IIA: Sonetti stilnovistici_Nei panni dei poeti

Dopo la lettura di sonetti siciliani e stilnovistici (Guinizzelli e Cavalcanti in primis), i ragazzi hanno provato a calarsi nei panni dei poeti e a misurarsi con la scrittura in versi.

Chiunque abbia provato a scrivere poesie usando metri rigidi conosce lo sforzo di contenere il pensiero in un numero predefinito di sillabe, di variare le parole per ottenere una rima, di scegliere un lessico adatto all’argomento (e al tempo), di spostare le parole per avere le cesure corrette.

La consegna, pertanto, era estremamente difficile e i ragazzi hanno lavorato per settimane. Infatti dovevano:

  • scrivere in endecasillabi piani;
  • avere lo schema rimico dei sonetti;
  • riproporre le tematiche tipiche dei poeti studiati;
  • usare un lessico adeguato all’argomento e ai modelli stilnovistici.

Sebbene il lavoro fosse arduo, molti di loro hanno centrato il compito! Qui di seguito alcuni dei sonetti dei ragazzi! Complimenti!


Penso a te, fanciulla, io te lo giuro,
La mente mia non si vuol fermare
il mio cuore è come un tamburo
sogno così di vederti danzare.

I tuoi capelli biondino scuro
e gli occhi tuoi del color del mare
mostrami ben ‘l tuo animo puro
che giammai nessuno potrà turbare.

Quando cammini un profumo m’avvolge
come un vento legger che m’accarezza
e nelle vene mie sento un tremor.

Il sogno di incontrarti mi travolge
ma mai potrò esser alla tua altezza
e mai sarò degno dello tuo amor (G.D)


O tu, angelo del cuore mio bello
che sollevi l’animo mio stanco
che ‘l mio sguardo rifai novello
a te col sorriso gl’occhi spalanco.

A te vorrei regalare un anello
lassù nel ciel ti vorrei al mio fianco
muovi al venticel il tuo capello
e spandi un bagliore color del bianco.

nel profondo del cor lodi a te canto
sulle labbra mie spunta un sorriso
mio dolce Amore, t’amo d’immenso

io, come poeta, miro e canto
lo tuo saluto accende ‘l viso
ché senza te la vita non ha senso (C.M)

 

Gl’occhi suoi risplendono più dell’oro

ed essi illuminan la mia vita

nel suo sorriso trovo ristoro

un suo abbraccio scaccia ogni ferita.

 

E tu per me sei, donna, un gran tesoro

bella di più d’ogni rosa fiorita,

con te tutti i dì son capolavoro

la vita d’amore s’è arricchita.

 

L’amor tuo è il chiaro sentiero

illumina lo scuro del mio cor

spinge a cominciar ‘l nostro viaggio.

 

Quanto ti amo, mio dolce pensiero

sei gioia, giorno, celestiale splendor,

tra le braccia tu mi doni coraggio. (P.T)

 

Il suo dolce sguardo mi scalda il cuor

e dal suo viso gli occhi splendenti

rendon gli dei non indifferenti

e l’animo mio riempion d’amor.

 

Come il caldo sol sprigiona calor

così ella illumina le menti

e senz’alcun sbaglio mena le genti

alla giusta via priva di dolor.

 

Una veste tutta bianca l’adorna

candida, pura e più gentil nel petto

somiglia ad un angelo sceso in terra.

 

Nel mio cuore così vi soggiorna

è luce che cancella ogni biasimo

e un dolce pensier che tutto m’afferra. (R.S.)

—-


Bravissimi ragazzi!

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Osservatorio sull’attualità: conflitto israelo-palestinese, storia e attualità.

E’ sempre più urgente che la scuola faccia cultura, abitui i ragazzi all’abilità di senso, donandogli quanti più alfabeti possibili per leggere il presente

Per tutto il primo quadrimestre, un’alunna ha seguito le vicende del conflitto isaraelo-palestinese e questi sono parte dei lavori realizzati:

Domani relazionerà alle classi e, consapevoli del passato, avvieremo un osservatorio sull’attualità.

Perché memoria è memoriale. E’ fragilità umana presente,  e la fragilità non ha bandiera.

Palestina e Israele: la storia del conflitto e le tappe principali-  Corriere.it

foto da corriere.it

 

Terremo presente il sito ISPI per seguire le vicende attuali (link cliccando sull’immagine):

 

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Giornata della Memoria IIA: La vita, oltre l’ignavia.

Dall’inizio dell’anno, con i ragazzi della IIA…stiamo affinando lo sguardo. Attraverso la scrittura, i flashback, la letteratura, la Divina Commedia. Stiamo sperimentando quanto la realtà intorno ci ri-guarda, ci interpella: un banco ci ricorda un saggio di danza, la lavagna una interrogazione passata. guardare la realtà in modo superficiale non solo ci fa dimenticare quanto di noi c’è in essa, ma rende noi stessi superficiali: gli ignavi che Dante punisca aspramente ci insegnano, in negativo, quanto possa essere dannosa una vita senza ‘nfamia e senza lodo, una vita spesa nell’indifferenza più totale.

Sperimentiamo ancora una volta quanto anche la letteratura ci aiuti a leggere il passato e il presente.

Partiamo da quanto già detto in classe(navigate il genially cliccando sull’immagine)

Cosa si poteva fare di fronte a questa situazione? Si tratta di un dilemma morale, di una non scelta, in realtà. Avere salva la vita, ma collaborare in qualche modo? Opporsi, ma rischiare la morte?

dilemma o morale conflitto, decisione problema o domanda, la scelta  opzioni, disaccordo o discussione per attività commerciale direzione,  alternativa o soluzione concetto, confuso uomo d'affari la scelta  direzione. 20150506 Arte vettoriale a

Analizziamo:

OPPORSI

COLLABORARE

Comportava la morte sicura, certa, immediata——-> si moriva, ma si aveva salva la coscienza

Comportava di partecipare in qualche modo alla deportazione e allo sterminio in cambio della vita ———> si rimaneva in vita, ma col senso di colpa

Si tratta di un DILEMMA, perché entrambe le opzioni comportano la morte, esteriore o interiore, una finta scelta…

Primo Levi, sopravvissuto ai campi di concentramento, grazie alla sua laurea in chimica, parla infatti di “sommersi” e “salvati”: di fronte al male, alcuni ne furono sommersi, altri si salvarono. Ma in realtà, quest’ultimi morirono lo stesso…Primo Levi, schiacciato dal senso di colpa della salvezza, si suiciderà ormai anziano…

“I “salvati” del Lager non erano i migliori, i predestinati al bene, i latori di un messaggio: quanto io avevo visto e vissuto dimostrava l’esatto contrario. Sopravvivevano di preferenza i peggiori, gli egoisti, i violenti, gli insensibili, i collaboratori della “zona grigia”, le spie. Non era una regola certa (non c’erano, né ci sono nelle cose umane, regole certe), ma era pure una regola. Mi sentivo sì innocente, ma intruppato tra i salvati, e perciò alla ricerca permanente di una giustificazione, davanti agli occhi miei e degli altri. Sopravvivevano i peggiori, cioè i più adatti; i migliori sono morti tutti.”
(Primo Levi, I sommersi e i salvati)

I dilemmi morali che si trovò ad affrontare chi visse in quel periodo furono moltissimi…

  • denunciare gli ebrei che si nascondevano ed avere in cambio denaro, promozioni?
  • fingere di non vedere le deportazioni e non avere problemi o provare a far qualcosa, rischiando il coinvolgimento?
  • opporsi alla dittatura, ma rischiare la morte o l’esilio o collaborare, salvando la propria famiglia, ma vivere con il senso di colpa di aver contribuito alla morte di altre?

Tutte queste domande, si possono riassumere una sola tragica domanda:

salvare la propria vita o quella di altri?

 

Un dilemma, ragazzi, una non-scelta, tragicissima.

Non so, e non mi interessa sapere, se nel mio profondo si annidi un assassino, ma so che vittima incolpevole sono stato ed assassino no; so che gli assassini sono esistiti, non solo in Germania, e ancora esistono, e che confonderli con le loro vittime è una malattia morale o un vezzo estetistico o un sinistro segnale di complicità; soprattutto, è un prezioso servigio reso (volutamente o no) ai negatori della verità. […] Rimane vero che, in Lager e fuori, esistono persone grigie, ambigue, pronte al compromesso. La tensione estrema del Lager tende ad accrescerne la schiera

(Primo Levi, I sommersi e i salvati)

Di fronte a questi interrogativi, in realtà, ci furono anche moltissimi che scelsero di non vedere, di non farsi toccare dalla realtà, di fingere indifferenza, ignavia.

Sempre Primo Levi si chiede, come e perché si scelse di non vedere, perché nessuno intervenne per fermare quella fabbrica del male:

Allora i tedeschi sapevano. Gli italiani sapevano. L’Europa sapeva. L’America sapeva. Tutti avrebbero potuto sapere la verità, ma l’egoismo, l’indifferenza e la volontaria ignoranza hanno stravinto su tutto. Allora, come oggi.

E’ la concretezza che, mascherandosi dietro alle mostruosità compiute esclusivamente dall’uomo, decidiamo di chiamare, banalmente, “male”.
Di volontaria ignoranza, indifferenza ed egoismo l’umanità intera è grondante. Lo era allora, lo è ancora oggi. Ma un limite deve esistere. E a deciderlo, siamo solo noi. Da sempre.

Oggi sappiamo, oggi conosciamo. Per questo ricordiamo.

(Primo Levi, lettera a Monica, pubblicata da La Stampa il 25 aprile del 1983)

Entriamo ancora di più nella storia, e conosciamo alcuni protagonisti: chi scelse di collaborare, ma ne fu marchiato a vita, e chi rischiò la propria vita e quella dei familiari, pur di non girarsi dall’altra parte:

  • Primo Levi, chimico 24enne, decise di collaborare agli esperimenti nei lager, sebbene sabotando ogni ricerca e pratica scientifica;
  • Slomo Venezia, fece parte del SonderKommando, la squadra speciale di ebrei che doveva ripulire le camere a gas dopo la morte dei prigionieri e portare via i corpi;
  • Giorgio Perlasca finse di collaborare allo sterminio degli ebrei ungheresi, fingendosi ambasciatore della Spagna in Ungheria, mettendo in realtà in salvo molti ebrei;
  • Oscar Schindler finse di collaborare allo sfruttamento degli ebrei, creando una fantomatica fabbrica di pentole e di munizioni, pur di mettere in salvo centinaia di persone;
  • Ilse Herlinger Weber: infermiera che volontariamente si offrì di assistere i piccoli detenuti nel campo di Terezin, fingendo di aiutarne lo sterminio, in realtà allietando con favole e carezze le ore interminabili dei bambini internati;
  • Carlo Angela, padre di Piero e nonno di Alberto, che nascose nella sua clinica molti ebrei, fingendo che fossero malati e quindi pericolosi per la salubrità dei lager e dei loro kapo e ufficiali;
  • Gino Bartali, celeberrimo ciclista che nascose nel tubo della sua bicicletta numerosi documenti falsi per permettere a famiglie ebree di scappare sotto nuova identità;
  • Irena Sendler, infermiera polacca, che fece partorire molte donne a Varsavia e mise in salvo i neonati, nascondendoli in borse e sacchi e fornendo a famiglie intere documenti falsi;
  • Giovanni Borromeo, inventore del “morbo di K”, dichiarò che molti ebrei romani erano malati di questo falso morbo, mettendoli in salvo nel suo ospedale Fatebenefratelli di Roma;
  • Janusz Korczak, direttore di un orfanotrofio polacco, che si rifiuta di abbandonare i suoi bambini durante la deportazione e si fa deportare anche lui, pur di non lasciare i “suoi” bambini da soli.

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ATTIVITA’: leggete le storie di queste persone, le loro testimonanianze e approfonditele, utilizzando anche altri materiali oltre quelli indicati. Potete anche approfondire altre testimonianze (QUI potete trovare un elenco dei Giusti Italiani- e anche QUI, in basso nella pagina-; )

Alcuni materiali da cui partire:

Altre storie di SALVI PER CASO: SCEGLIETENE UNA)

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INDICAZIONI OPERATIVE:

  • BIOGRAFIA: Raccontate la vita della persona che avete scelto di approfondire, soffermandovi sulla famiglia, sul contesto storico-familiare, sul paese di origine.
  • EVENTO DESTABILIZZANTE: Cosa è accaduto ad un certo punto della sua vita. Raccontate eventi, citando eventuali materiali.
  • IL DILEMMA: Quale dilemma ha dovuto affrontare? Spiegatelo, mostrando chiaramente i rischi assunti.
  • LE CONSEGUENZE: cosa è accaduto, di positivo e di negativo, dopo la scelta.

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A presto coi lavori dei ragazzi.

La prof


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Giornata della memoria IA: “Se capire è impossibile, conoscere è necessario…”

….

perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre”, scriveva Primo Levi.

In classe, da qualche giorno, abbiamo iniziato già a parlare della memoria, cercando tanto di dare una contestualizzazione storica a ragazzi molto piccoli, quanto abituare i bambini a rintracciare nelle dinamiche umane gli stessi semi dell’odio. Fare memoria non è ricordare, commuoversi, è fare memoriale, farlo proprio. Solo così non sarà un raccontare sterile, ma un riflettere critico e un agire attivo.

Partiamo dall’illustrazione del periodo storico: non come una successione cronologica o causale di eventi, ma come una concatenazione di meccanismi interiori all’uomo.

  1. Partiamo da una panoramica del contesto storico (presentazione a cura dell’IC San Giuseppe Lugo).

2) Ma come fu possibile? Indaghiamo i meccanismi del male (cliccare sull’immagine e navigarla):

I MECCANISMI DEL MALE

Mano mano che i materiali saranno illustrati, i ragazzi saranno invitati a trascrivere riflessioni, emozioni, dubbi in un foglio a tre colonne (strategia mutuata dal WRW):

Cosa penso?/ Cosa osservo?/ Cosa non capisco?

DIBATTITO —> QUALI RISPOSTE POSSIAMO DARE? QUALI RIMANGONO APERTE?

Riassumeremo le annotazioni più frequenti in un cartellone [FOTO], anche alla luce della Dichiarazione del diritti del fanciullo, analizzata in classe.

 

 

 

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IIA: Il coraggio di ringraziare sempre e comunque_A scuola di gratitudine con il “Cantico delle creature”

Altre lezioni sul Cantico delle Creature

Abbiamo iniziato quest’anno con un esercizio di sguardo, imparando a vedere e non guardare, ascoltare e non sentire (i ragazzi ormai, hanno imparato a memoria questo gingle 😉 ). 

Ora ci viene in aiuto anche la letteratura, che i ragazzi cominciano appena a conoscere.

Abbiamo letto e analizzato la prima parte del Cantico (Analisi ed interpretazione del Cantico, oltre la visione ecologista e ambientalista) e abbiamo riflettuto insieme sul fatto che la lode di Francesco:

non sia una poesia da invasato ambientalista 😉 ;

nasca dal dolore e dalla disperazione più profonda;

sia un atto di rivoluzione, tanto nella vita quotidiana (società mercantesca assetata di denaro), quanto nella visione politica del tempo (lotta per le investiture, crociate, lotta tra impero e comuni);

sia un ringraziamento che contempla tanto gli aspetti positivi quanto quelli negativi, perché tutti fanno parte della natura umana, fragile e limitata come quella di ogni creatura.

Ma affinché la letteratura sia REALMENTE una esperienza personale, è necessario che si traduca realmente in una esperienza concreta dei ragazzi. La letteratura di tutti i tempi nasce dalle esperienze personali degli scrittori, del passato o dei nostri giorni: la letteratura viene dalla vita reale, parla di vita reale, analizza, incarna la vita reale. Se la letteratura non arriva allora a toccare la vita di chi legge, se non parla alla vita reale dei ragazzi, se non si incarna nella loro quotidianità, allora  è solo saccenza, puro esercizio retorico, è del tutto SPRECATA.

Cosa può insegnare il Cantico ad un adolescente di oggi? Perché vale la pena di studiarlo, di impararlo a memoria?

Francesco, dopo una notte di dolore, si riscopre ricco, NON PERCHE’ SIA GUARITO O NON SOFFRA PIU’ (morirà dopo due anni), ma perché ha preso coscienza del valore della vita, di ciò che le è realmente necessario e cosa può essere lasciato tranquillamente andare. Ha preso coscienza del valore REALE di sé, di ciò che lo circonda, della felicità interiore svincolata dalla materialità, della fragilità ineluttabile dell’uomo. E lo ha fatto serenamente, per cui ringrazia. Soffre, ma guarda sé stesso con uno sguardo nuovo, felice , sereno, appagato.

Affinché il Cantico parli ad un adolescente, allora è necessario che se ne faccia l’esperienza reale.

Ho dato ai ragazzi due attività da svolgere:

  1. redigere per almeno una settimana un diario della gratitudine (le linee guida le ho tratte liberamente da qui), abituandosi a scrivere con precisione e dettaglio ALMENO cinque cose al giorno per cui essere grati. Qui i diari che ho donato ai ragazzi:

2. elaborare, al termine della settimana, una rappresentazione grafica, sotto forma di lapbook, del proprio Cantico: cosa è per te “sole”? Cosa è per te”luna e stelle” da illuminarti la notte? “Cosa ti turba e ti rasserena come il vento? Cosa ti purifica e ti fa sentire prezioso, come l’acqua? Cosa ti brucia e ti dà allegria? Cosa è per te “madre e sorella”?.

Qui di seguito una bozza di lapbook che ho consegnato alla classe

Dal confronto e socializzazione di quanto emerso, seguiranno attività di scrittura strutturate e ancora più personali (post in aggiornamento).

Continua a leggere

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E’…dell’uomo il fin la meraviglia_Accoglienza IIA

Parafrasando G.B. Marino, il percorso che avvieremo quest’anno in IIA sarà interamente dedicato alla riscoperta della meraviglia e dello stupore. Che sia la nostra quotidianità, che sia la poesia e la letteratura in generale, che sia il nostro vissuto, cercheremo insieme di affinare lo sguardo, di abituarci a scorgere il meraviglioso insito in noi e in ciò che ci circonda.

Perché nulla è scontato. E perché “lo stupore è la molla di ogni scoperta“, per citare Pavese. Solo se sapremo guardare con attenzione ciò che ci circonda, potremo capire (etimologicamente, ‘far nostro‘) quanto viviamo, apprezzandone il valore e la preziosità.

Qui di seguito l’avvio del percorso di educazione allo sguardo e alla scrittura!
E allora, OCCHIO, che si parte! 😎

Buon viaggio, ragazzi!  ❤️ 💪

(Scrollare l’immagine, oppure cliccare sul LINK DIRETTO;  il file verrà aggiornato strada facendo)

La prof

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Memoria e Futuro: intervista a Renato De Paolis

Continua la raccolta di memorie personali sulla storia del nostro paese. Stavolta è la volta di Renato De Paolis, che ci racconta aspetti quotidiani della vita del paese: la povertà ma anche l’armonia tra le persone dopo la seconda guerra mondiale, la figura paterna e professionale del prof. Angelo Sallusti, che tanto ha fatto per i giovani del paese, la semplicità dei giochi.

Quando ho ascoltato per la prima volta questa intervista e ho sentito  che accennava alla prigionia di Aristide, padre di Renato, nei campi di prigionia tedeschi, non ho potuto non approfondire la storia, contattando anche Lorenzo, figlio di Renato.

Vengo a conoscere così una storia non solo sconosciuta, ma molto commovente.

Fino a due anni fa Renato non conosceva la storia di suo padre, non sapeva nulla della sua prigionia.

Nel dicembre 2020 riceve una lettera dai figli del suo compare di cresima, Guido De Rosa, scomparso tempo prima. In questa lettera Antonio e Ciro De Rosa raccontano a Renato di aver trovato, tra i ricordi del loro padre, un diario personale: Guido De Rosa aveva raccontato i 20 mesi trascorsi nei lager nazisti in qualità di “Internato Miliare Italiano”, all’indomani dell’armistizio. Guido, raccontano i figli, tra il 1943 e il 1945 era stato prigioniero e durante la prigionia aveva conosciuto il carissimo Aristide, di cui Guido parlava spesso. Aristide, dunque, era stato prigioniero come Guido nei lager nazisti.

Per Renato e i suoi familiari questa lettera fu un fulmine a ciel sereno. Solo nel 2020 conoscevano davvero la storia di Aristide, fino ad allora tenuta per sé. Solo allora Renato capì davvero il forte legame che suo padre aveva per questo Guido, solo allora capiva perché lo aveva voluto come compare, solo allora conosceva davvero lui e la sua storia.

Si legge nella prefazione:

Gli appunti non contengono gesta eroiche o sensazionali; narrano con sincerità e quasi in presa diretta le vicende vissute da nostro padre in quegli anni: la cattura in Croazia, il 9 settembre 1943, il triste viaggio, su un carro bestiame ferroviario, verso la Germania, le sofferenze patite nella Ruhr […] Il memoriale è punteggiato dal toccante consolidarsi di fraterne amicizie, dalle commoventi manifestazioni di dolore per la morte di alcuni compagni […] e su tutto domina la fede in Dio.

Durante il suo internamento a Neubrandeburg, poi a Dortmund e Neheim Guido racconta la dura segregazione nei campi…Nei ricordi parla più volte di Aristide: nella notte di capodanno 1945 accolgono il nuovo anno nella stessa baracca, mangiando una fetta di pane bianco, perchè “la mestizia non deve prendere il sopravvento“…Tra i due c’è amicizia e solidarietà, e il rigido inverno che acuisce la prigionia non smorza la loro umanità: “Anche De paolis ed io cerchiamo di fare del nostro meglio per aiutare il nostro comune amico De Luca. Gli inviamo danaro, patate, pane e anche gavette nuove che lì a Menden può barattare per commestibili”…[…] [Il ferito] fu raccolto da De Paolis e altri e condotto in fabbrica, ove, con voce spenta, raccontò che gli avevano sparato...” E ancora:

La fame è terribile. Il giorno 15 ottobre si vende ad un russo l’orologio di De Paolis […] E’ un Longines, vecchio sì, ma preciso; se ne ottiene in cambio: cinque pani di segala di quelli del campo, un barattolo di carne di maiale, uno di margarina, una scatola di sardine, una di prugne secche, un pezzo di cioccolata e otto pacchetti di sigarette francesi. Stiamo bene per alcuni giorni. Il 21 è tutto finito, ma abbiamo calmato alquanto la fame”

Per Renato e suo figlio Lorenzo una nuova pagina della propria storia, coronata dalla consegna ufficiale, pochi mesi dopo, della Medaglia d’onore:

 

Una storia emozionante, a dir poco, toccante, quanto il silenzio che Aristide ha tenuto sul suo passato. Un silenzio che la storia ci consegna come comune denominatore di tante storie, sepolte tra le pieghe intime e sacre di ciascun uomo.

Grazie Tommaso per l’intervista, grazie Lorenzo e Renato per la condivisione, grazie Aristide e Guido per il vostro preziosissimo vissuto.

Con commozione.

La prof

 

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IIIA: Con gli occhi di Leopardi_Connessioni con “Il passero solitario”.

La letteratura, come dico spesso agli alunni, è “archeologia di sentimenti”, permette di sondare i sentimenti di quanti ci hanno preceduto e di riconoscerli come facenti parte anche della nostra storia personale. Che senso ha studiare Dante, Leopardi, Ungaretti se questi non sono tramite per scoprire sé stessi, per leggere il proprio mondo con occhi esperti e nuovi? Nessuno, rispondo io, nessun senso. O la letteratura è un viaggio alla scoperta del proprio vissuto, o non serve a nulla, è puro nozionismo.

Quando invece la letteratura è mezzo indagatore dei propri sentimenti e del proprio mondo, ecco allora che lo studio è significativo, lascia un *segno, *indica una strada, una lettura autentica della vita.

Oggi, l’ennesima riprova della ricchezza dei miei ragazzi e della loro capacità di lasciarsi interpellare dalla letteratura.

Da poco abbiamo iniziato a leggere Leopardi (ma in molti ne sono rimasti già ammaliati). Ho chiesto loro di rintracciare, nel loro mondo, tracce di Leopardi, tracce de “Il passero solitario”: non per puro gioco, per ricerca scolastica, ma per fare esperienza di quanto alcuni sentimenti (anche personali) siano attuali, comuni, condivisi. E’ poco dirvi che mi sono commossa…<3

A voi le connessioni personali che i ragazzi hanno trovato con “Il passero solitario” e in generale col mondo di Leopardi:

CONNESSIONI MOTIVAZIONI
AUTORITRATTI DI LIGABUE: Il pittore, con una storia di dolore e sofferenza molto simile a quella di Leopardi (e di Van Gogh), si dipinge spesso in contrasto con il paesaggio: lui è solo, con il viso pensieroso, eppure illuminato a pieno dalla luce del giorno, che staglia intorno i colori vividi del paesaggio. La malinconia che si legge nel volto del pittore non incrina tuttavia il mood del quadro: i colori sono vividi e luminosi, le linee chiare, nette, il cielo sereno. Esattamente come ne “Il passero solitario”, la malinconia e la consapevolezza pensosa del protagonista non inficia l’atmosfera della poesia, gioiosa, primaverile. Il contrasto con il paesaggio, tanto in Leopardi quanto in Ligabue, è invece funzionale al messaggio, amplificato dall’antitesi: nonostante le difficoltà, la vita è e resta una magnifica tela, una magnifica stagione da apprezzare a pieno. Da notare, in Ligabue come in Leopardi, l’uso allegorico-simbolico degli animali, che sono pre-testo di riflessione sulla propria vita. Ligabue usa spesso dipingersi con una mosca sulla fronte, a ricordare a sé stesso la propria natura piccola, incompresa, a volte fastidiosa per altri; Leopardi adopera il passero solitario sulla torre come aggancio per meditare sulla propria incapacità a gioire a pieno della vita.
NEIMA REZZA: CASA (TESTO)

Trapper della periferia milanese, di cui canta le difficoltà e le contraddizioni. Nelle sue canzoni lascia tracce di sé, del proprio vissuto personale, come quello con la madre malata (abbiamo ragionato nuovamente di quanto la scrittura e l’arte in generale, siano mezzi per esteriorizzare le proprie ferite, in modo più o meno esplicito). In Casa, il trapper canta la sua solitudine, il suo desiderio di trovare una casa, ovvero di sentirsi accolto: esattamente come Leopardi che scrive più e più volte nel suo epistolario, Rezza avverte l’esigenza forte di affetto e di Bene, oltre la limitatezza e la finitezza dei propri cari.

NEIMA REZZA: ROUTINE (TESTO)

Tutto scorre, inevitabilmente, e sempre nello stesso modo. Tutto lascia addosso un grande senso di vuoto e di solitudine (sono a pezzi come i Lego). Il trapper avverte il non-sense di una vita sempre uguale e cerca un senso alla sua esistenza. A differenza di Leopardi, però, qui si arriva ad una condanna del mondo, giudicato finto

Vivo la vita come in un film

Qui sempre come in un film

Sì, sempre come in un film

Vieni a togliermi presto da qui

Da ‘sto schifo, ‘sta routine

Finti amici e queste bitch

E ogni giorno si ripete

Sempre fame e pure sete

Non si arriva a fine mese, è una routine

Nel realista Leopardi (altro che pessimista!) la fatica della ricerca di senso non produce mai un rifiuto o una condanna così negativa e netta.

HOPPER, MORNING SUN:

Ancora un quadro, ancora una figura sola, ancora un panorama luminoso. La donna siede da sola sul letto: è avvolta dalla luce piena, calda e serena proveniente da fuori. Guarda il mondo dalla finestra: vuole uscire? Vuole solo ammirarlo? A cosa pensa? Nulla è dato sapere, ma lo ammira ed è serena, forse in attesa. Come ne “Il passero solitario” Leopardi ammira con felicità il mondo intorno a lui: non c’è invidia, dispiacere, fastidio, ma al contrario gioia, stupore, incanto, meraviglia. Ancora una volta, nel quadro di Hopper, come nelle poesie di Leopardi, c’è il contrasto tra l’umano e il suo paesaggio interiore e il mondo esterno, il paesaggio esteriore, che tradisce un grande desiderio di vita.

WONDER, R.J. PALACIO: Leopardi e August vivono entrambi tanto la solitudine quanto il desiderio di vivere pienamente. L’accettazione di sé stessi, tuttavia, non è determinante in questo: come per August, anche per Leopardi le condizioni fisiche sono solo accidenti, elementi collaterali, circostanze (per dirla con Nembrini) della ricerca di senso: cosa è la felicità? perché siamo al mondo? quale è lo scopo, il fine della mia vita? Sono domande che August e Leopardi si chiedono, prescindendo dall’esperienza personale.

FRIEDRICH, VIANDANTE SUL MARE DI NEBBIA: Anche qui un uomo solo, che guarda, ammira, si interroga su quello che ha attorno, restandone profondamente affascinato. Mentre però in Friedrich il paesaggio turba nella sua vaghezza, il paesaggio di Leopardi de “Il passero solitario” è chiaro, nitido, sensoriale

Primavera d’intorno
brilla nell’aria, e per li campi esulta,
sí ch’a mirarla intenerisce il core.
Odi greggi belar, muggire armenti […]

Odi per lo sereno un suon di squilla,
odi spesso un tonar di ferree canne,
che rimbomba lontan di villa in villa.
Tutta vestita a festa
la gioventú del loco
lascia le case, e per le vie si spande;
e mira ed è mirata, e in cor s’allegra

(Dovremo aspettare la lettura de “L’Infinito” per ricordarci di questo quadro – nota della prof  <3-)

SERIE “YOUNG SHELDON”: si tratta di una serie televisiva. Sheldon è un ragazzo con alcune difficoltà relazionali, con genitori con i quali non riesce a rapportarsi pienamente e correttamente, con un forte rapporto con la sorella e il fratello, che ammira particolarmente. Sheldon non riesce ad avere amici e vive i fratelli vivere la vita che lui stesso vorrebbe assaporare. Il rapporto con la madre, particolarmente possessiva e religiosa in modo distorto, è causa di ulteriori sofferenze per il giovane.
MUNCH, MALINCONIA. Protagonista è un uomo solo che, volutamente, gira la testa altrove, pur di non vedere una coppia sul molo. Abbiamo notato, tuttavia, che in Leopardi non c’è mai alcuna insofferenza o invidia della felicità altrui: nonostante le circostanze avverse, il desiderio di felicità condivisa è decisamente più forte di ogni ferita.
MUNCH, URLO: L’angoscia oggettivizzata, lo spaesamento. Il protagonista del quadro è sconvolto e solo. La solitudine e le riflessione di Leopardi raramente giunge simili livelli di angoscia: anche nei momenti più disperati, c’è spazio per un messaggio positivo. Anche gli ultimi versi del Passero solitario sono, per contrasto, un invito alla vita:

A me, se di vecchiezza
la detestata soglia
evitar non impetro,
quando muti questi occhi all’altrui core,
e lor fia vòto il mondo, e il dí futuro
55del dí presente piú noioso e tetro,
che parrá di tal voglia?
che di quest’anni miei? che di me stesso?
Ahi! pentirommi, e spesso,
ma sconsolato, volgerommi indietro.

ULTIMO, SOLO (TESTO)

Sebbene dedicata ad un amore concluso, la canzone è interessante perché fa emergere l’incapacità a vivere attraverso l’uso delle negazioni:

Non ci riesco, sono solo, solo, soloNo, non sorridere, non gioco, non gioco, non giocoPerò ti guardo e siamo simili, simili, simili

ricorda:

non compagni, non voli,
non ti cal d’allegria, schivi gli spassi;
canti, e cosí trapassi
dell’anno e di tua vita il piú bel fiore

MANZONI, CINQUE MAGGIO. Anche Napoleone, nell’ode manzoniana, sperimenta l’isolamento e l’assalto dei ricordi. Mentre però l’isolamento di Napoleone è determinato dalla prigionia, quello di Leopardi ha radici intime:

Sollazzo e riso,
della novella etá dolce famiglia,
e te, german di giovinezza, amore,
sospiro acerbo de’ provetti giorni,
non curo, io non so come

COMPLIMENTI RAGAZZI!

La prof

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IIIA: Scrivere, leggendo come NON si scrive.

La metacognizione è fondamentale nel processo di scrittura: l’autocorrezione, la lettura e la correzione corale sono fondamentali per una scrittura consapevole.

Da qualche tempo i ragazzi si stanno confrontando con i testi riflessivi. Rispetto al testo narrativo, i ragazzi sono chiamati ad affiancare la propria esperienza a quella di altre persone, quindi a saper riflettere su sé stessi ma anche a generalizzare, individuando tratti comuni tra il proprio vissuto e quello altrui.

Ciò nonostante, alcune caratteristiche della scrittura restano imprenscindibili, ovvero LA PRECISIONE E LA CONCRETEZZA. La scrittura, quale essa sia, è chiamata a intagliare, a scavare, a lasciare un segno nitido (come vuole la sua etimologia) in chi legge. Per far questo, è necessario che il lettore FACCIA REALE ESPERIENZA SENSORIALE ED EMOTIVA di quanto letto e questo accade solo quando la scrittura, in modo preciso e concreto, richiama alla mente esperienze reali, ricordi presenti, emozioni vissute e concrete, puntuali nel tempo e nello spazio. La VERA scrittura e la vera letteratura non è quella che vaga nell’indeterminato, che si gonfia di retorica e vuota ampollosità. E’ quella che si pianta, concreta, nel reale.

Ma vediamo un esempio.

In classe abbiamo utilizzato un testo riflessivo pubblicato da scuola.net. (LINK) un testo cioè scritto dai ragazzi e pubblicato su questo sito famoso anche per testi già svolti.

Fin da subito i ragazzi hanno notato:

la vaghezza e imprecisione dei termini (cose belle, cose brutte, cose tristi...);

lessico non pertinente (dimostrare di essere esseri sovrannaturali non serve a nulla…,se vedo una persona triste, è mia tendenza far di tutto...);

i continui e ripetuti cambi di soggetto e di inquadrature (tutti….io….tu….noi…la gente….);

la grande presenza di nomi astratti e indefiniti, affatto concretizzati (situazione difficile…, periodi bui, difficili….,momenti difficili…);

lo sviluppo nel medesimo paragrafo di più argomenti, a volte neanche collegati tra di loro (es. nel primo paragrafo, che in teoria dovrebbe essere l’incipit, si parla delle situazioni difficili, poi, passando al tu finto, di come si cerca di superarli, poi del mondo che non è come vorremmo – senza sapere come è il mondo che vorremmo, infine del fatto che la gente è dominata dall’interesse, dalla prepotenza, dalla cattiveria);

frasi troppo lunghe, con frequenti cambi di frasi principali (es. la seconda frase è di 7 righe e sviluppa fatti principali diversi);

errori di tono e di registro (il tema è per lo più con un registro informale, colloquiale, tranne espressioni come se mi è consentito…, esistenza migliore…, la rigogliosità del verde…);

la non credibilità delle situazioni, a favore di una vuota retorica (mi basta vedere il sorriso di un bambino per pensare alla felicità… );

finale furbo, ad effetto, con citazione retorica assolutamente slegata allo sviluppo del tema.

 

Alla luce di quanto corretto, abbiamo riassunto queste indicazioni in una GUIDA INDICATIVA ALLA CORREZIONE DI UN TESTO RIFLESSIVO

 

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GIORNATA DELLA MEMORIA E DEL RICORDO 2023: “Accogliere l’uomo tutto intero”

Giornate come quella della memoria e del ricordo sollecitano domande profonde, che solo in parte hanno a che fare con un preciso contesto storico. Di fronte al male così radicato, ci si chiede infatti quale sia la radice del male, e quindi come sia possibile estirparlo.

Quando accade qualcosa di grave nelle nostre vite, la PRIMA RISPOSTA è SEMPRE QUELLA RAZIONALE (ed infatti è Virgilio a soccorrere per primo Dante nella selva oscura): siamo portati a razionalizza, fare categorie, soppesare, valutare, codificare. Di fronte ad una ingiustizia, cerchiamo infatti la GIUSTIZIA UMANA, LA LEGGE che punisca quel reato. Pensiamo ad esempio alla alla Dichiarazione dei diritti dell’uomo del 1948 o alla Dichiarazione dei diritti del fanciullo del 1959, nate entrambe a riempire quel vuoto normativo che tutelasse l’uomo e il fanciullo nella dignità, anche alla luce di quanto accaduto fino ad allora.

Eppure, ed è di sicuro esperienza comune, ci rendiamo conto che la legge non basta, quando il male è oltre l’ordinario, stra-ordinariamente perverso. C’è bisogno di una reazione altrettanto fuori dall’ordinario, che stupisca con la sua irrazionalità: la MERAVIGLIA, LO STUPORE, LA TENEREZZA. Quante persone, sempre fin troppo poco conosciute e riconosciute, hanno rischiato la vita per salvare quella di un altro, per sfuggire alla logica del mors tua vita mea? La Foresta dei Giusti rende solo minimamente giustizia ai tanti benefattori dell’umanità. Schindler, Perlasca, tra i più noti, Ilse Weber, Janus Korczak tra i meno noti, hanno mantenuto sempre alto l’orizzonte, hanno continuato a vedere il Bene anche dove ogni speranza razionale era tramontata. Cosa c’è di razionale nel raccontare fiabe a bambini moribondi? Nulla, c’è solo un mondo di stupore e di tenerezza che ricompone l’umanità dei bambini deportati e gli ricorda di non essere bestie, ma fanciulli amati.

Il nome del percorso e le attività didattiche di quest’anno viene infatti da una frase di Giovanni Paolo II che mi ha particolarmente colpito: La tenerezza è l’arte di «sentire» l’uomo tutto intero. (Amore e responsabilità). Affinché l’ingiustizia non generi la rabbia di una legge insufficiente, è necessario accettare l’uomo nella sua interezza, tanto il suo aspetto bestiale, quanto quello stra-ordinariamente tenero.


La 1A e la 3A lavoreranno in questo modo:

1A3A
IL MALELA SHOAH DEI BAMBINI A TEREZIN E ANNA FRANKLE LEGGI RAZZIALI DEL 1938 (la ragione asservita al male)
LA RAGIONE CHE TENTA DI RISPONDERE AL MALELA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DEL FANCIULLO 1959LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELL’UOMO 1948

LA TENEREZZA OLTRE IL MALESTORIE DEI GIUSTISTORIE DEI GIUSTI

Qui di seguito il percorso, i materiali, i lavori di gruppo dei ragazzi di 1A (il Genially sarà aggiornato strada facendo): CLICCARE SULLA FOTO

Qui di seguito il percorso, i materiali, i lavori di gruppo dei ragazzi di 3A (anche questo Genially sarà aggiornato strada facendo): CLICCARE SULLA FOTO

Queste invece le STORIE DEI GIUSTI CHE APPROFONDIRANNO ENTRAMBE LE CLASSI (CLICCARE SULLA FOTO)

(Post in aggiornamento)

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