Dall’inizio dell’anno, con i ragazzi della IIA…stiamo affinando lo sguardo. Attraverso la scrittura, i flashback, la letteratura, la Divina Commedia. Stiamo sperimentando quanto la realtà intorno ci ri-guarda, ci interpella: un banco ci ricorda un saggio di danza, la lavagna una interrogazione passata. guardare la realtà in modo superficiale non solo ci fa dimenticare quanto di noi c’è in essa, ma rende noi stessi superficiali: gli ignavi che Dante punisca aspramente ci insegnano, in negativo, quanto possa essere dannosa una vita senza ‘nfamia e senza lodo, una vita spesa nell’indifferenza più totale.
Sperimentiamo ancora una volta quanto anche la letteratura ci aiuti a leggere il passato e il presente.
Partiamo da quanto già detto in classe(navigate il genially cliccando sull’immagine)
Cosa si poteva fare di fronte a questa situazione? Si tratta di un dilemma morale, di una non scelta, in realtà. Avere salva la vita, ma collaborare in qualche modo? Opporsi, ma rischiare la morte?
Analizziamo:
OPPORSI
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COLLABORARE
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Comportava la morte sicura, certa, immediata——-> si moriva, ma si aveva salva la coscienza
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Comportava di partecipare in qualche modo alla deportazione e allo sterminio in cambio della vita ———> si rimaneva in vita, ma col senso di colpa
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Si tratta di un DILEMMA, perché entrambe le opzioni comportano la morte, esteriore o interiore, una finta scelta…
Primo Levi, sopravvissuto ai campi di concentramento, grazie alla sua laurea in chimica, parla infatti di “sommersi” e “salvati”: di fronte al male, alcuni ne furono sommersi, altri si salvarono. Ma in realtà, quest’ultimi morirono lo stesso…Primo Levi, schiacciato dal senso di colpa della salvezza, si suiciderà ormai anziano…
“I “salvati” del Lager non erano i migliori, i predestinati al bene, i latori di un messaggio: quanto io avevo visto e vissuto dimostrava l’esatto contrario. Sopravvivevano di preferenza i peggiori, gli egoisti, i violenti, gli insensibili, i collaboratori della “zona grigia”, le spie. Non era una regola certa (non c’erano, né ci sono nelle cose umane, regole certe), ma era pure una regola. Mi sentivo sì innocente, ma intruppato tra i salvati, e perciò alla ricerca permanente di una giustificazione, davanti agli occhi miei e degli altri. Sopravvivevano i peggiori, cioè i più adatti; i migliori sono morti tutti.”
(Primo Levi, I sommersi e i salvati)
I dilemmi morali che si trovò ad affrontare chi visse in quel periodo furono moltissimi…
- denunciare gli ebrei che si nascondevano ed avere in cambio denaro, promozioni?
- fingere di non vedere le deportazioni e non avere problemi o provare a far qualcosa, rischiando il coinvolgimento?
- opporsi alla dittatura, ma rischiare la morte o l’esilio o collaborare, salvando la propria famiglia, ma vivere con il senso di colpa di aver contribuito alla morte di altre?
Tutte queste domande, si possono riassumere una sola tragica domanda:
salvare la propria vita o quella di altri?
Un dilemma, ragazzi, una non-scelta, tragicissima.
Non so, e non mi interessa sapere, se nel mio profondo si annidi un assassino, ma so che vittima incolpevole sono stato ed assassino no; so che gli assassini sono esistiti, non solo in Germania, e ancora esistono, e che confonderli con le loro vittime è una malattia morale o un vezzo estetistico o un sinistro segnale di complicità; soprattutto, è un prezioso servigio reso (volutamente o no) ai negatori della verità. […] Rimane vero che, in Lager e fuori, esistono persone grigie, ambigue, pronte al compromesso. La tensione estrema del Lager tende ad accrescerne la schiera
(Primo Levi, I sommersi e i salvati)
Di fronte a questi interrogativi, in realtà, ci furono anche moltissimi che scelsero di non vedere, di non farsi toccare dalla realtà, di fingere indifferenza, ignavia.
Sempre Primo Levi si chiede, come e perché si scelse di non vedere, perché nessuno intervenne per fermare quella fabbrica del male:
Allora i tedeschi sapevano. Gli italiani sapevano. L’Europa sapeva. L’America sapeva. Tutti avrebbero potuto sapere la verità, ma l’egoismo, l’indifferenza e la volontaria ignoranza hanno stravinto su tutto. Allora, come oggi.
E’ la concretezza che, mascherandosi dietro alle mostruosità compiute esclusivamente dall’uomo, decidiamo di chiamare, banalmente, “male”.
Di volontaria ignoranza, indifferenza ed egoismo l’umanità intera è grondante. Lo era allora, lo è ancora oggi. Ma un limite deve esistere. E a deciderlo, siamo solo noi. Da sempre.
Oggi sappiamo, oggi conosciamo. Per questo ricordiamo.
(Primo Levi, lettera a Monica, pubblicata da La Stampa il 25 aprile del 1983)
Entriamo ancora di più nella storia, e conosciamo alcuni protagonisti: chi scelse di collaborare, ma ne fu marchiato a vita, e chi rischiò la propria vita e quella dei familiari, pur di non girarsi dall’altra parte:
- Primo Levi, chimico 24enne, decise di collaborare agli esperimenti nei lager, sebbene sabotando ogni ricerca e pratica scientifica;
- Slomo Venezia, fece parte del SonderKommando, la squadra speciale di ebrei che doveva ripulire le camere a gas dopo la morte dei prigionieri e portare via i corpi;
- Giorgio Perlasca finse di collaborare allo sterminio degli ebrei ungheresi, fingendosi ambasciatore della Spagna in Ungheria, mettendo in realtà in salvo molti ebrei;
- Oscar Schindler finse di collaborare allo sfruttamento degli ebrei, creando una fantomatica fabbrica di pentole e di munizioni, pur di mettere in salvo centinaia di persone;
- Ilse Herlinger Weber: infermiera che volontariamente si offrì di assistere i piccoli detenuti nel campo di Terezin, fingendo di aiutarne lo sterminio, in realtà allietando con favole e carezze le ore interminabili dei bambini internati;
- Carlo Angela, padre di Piero e nonno di Alberto, che nascose nella sua clinica molti ebrei, fingendo che fossero malati e quindi pericolosi per la salubrità dei lager e dei loro kapo e ufficiali;
- Gino Bartali, celeberrimo ciclista che nascose nel tubo della sua bicicletta numerosi documenti falsi per permettere a famiglie ebree di scappare sotto nuova identità;
- Irena Sendler, infermiera polacca, che fece partorire molte donne a Varsavia e mise in salvo i neonati, nascondendoli in borse e sacchi e fornendo a famiglie intere documenti falsi;
- Giovanni Borromeo, inventore del “morbo di K”, dichiarò che molti ebrei romani erano malati di questo falso morbo, mettendoli in salvo nel suo ospedale Fatebenefratelli di Roma;
- Janusz Korczak, direttore di un orfanotrofio polacco, che si rifiuta di abbandonare i suoi bambini durante la deportazione e si fa deportare anche lui, pur di non lasciare i “suoi” bambini da soli.
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ATTIVITA’: leggete le storie di queste persone, le loro testimonanianze e approfonditele, utilizzando anche altri materiali oltre quelli indicati. Potete anche approfondire altre testimonianze (QUI potete trovare un elenco dei Giusti Italiani- e anche QUI, in basso nella pagina-; )
Alcuni materiali da cui partire:
Altre storie di SALVI PER CASO: SCEGLIETENE UNA)
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INDICAZIONI OPERATIVE:
- BIOGRAFIA: Raccontate la vita della persona che avete scelto di approfondire, soffermandovi sulla famiglia, sul contesto storico-familiare, sul paese di origine.
- EVENTO DESTABILIZZANTE: Cosa è accaduto ad un certo punto della sua vita. Raccontate eventi, citando eventuali materiali.
- IL DILEMMA: Quale dilemma ha dovuto affrontare? Spiegatelo, mostrando chiaramente i rischi assunti.
- LE CONSEGUENZE: cosa è accaduto, di positivo e di negativo, dopo la scelta.
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A presto coi lavori dei ragazzi.
La prof