IIIA: La giustizia nei Promessi Sposi

Da tempo in IIIA abbiamo cominciato a leggere i Promessi Sposi e a riflettere e scrivere circa i personaggi del romanzo. Abbiamo conosciuto:

  • Don Abbondio, egoista e metodico oppresso-oppressore;
  • la pettegola ma fedele e giudiziosa Perpetua, che sparla ma consiglia a fin di bene;
  • Renzo, fumino ma onesto lavoratore, povero ragazzo orfano e “illetterato”;
  • la pudica Lucia, di modesta bellezza;
  • Agnese, comare di paese, ma saggia esperta del mondo;
  • l’avvocato imbroglione di Azzeccagarbugli.

Una casistica umana molto varia, ma collegata da un filo rosso: la giustizia (alcuni personaggi li conosceremo a breve:

Riflettiamo:

  1. Leggiamo l’articolo 3 della nostra Costituzione, un articolo fondamentale al punto tale che un magistrato una volta mi disse: “Se anche cancellassero tutta la Costituzione e lasciassero in piedi il 3 articolo, non avremmo  alcun problema. Ci tutela da ogni punto di vista“:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali

  1. Vediamo poi alcuni video sui diritti umani, già usati in questa lezione e ragioniamo su cosa sia la giustizia e riflettiamo se sia corretto usare l’espressione “trattare tutti in modo uguale”;
  2. Leggiamo questi testi:
    Sorcio di campagna e sorcio di città, Trilussa
    
    Un Sorcio ricco de la capitale
    invitò a pranzo un Sorcio de campagna.
    - Vedrai che bel locale,
    vedrai come se magna...
    - je disse er Sorcio ricco - Sentirai!
    Antro che le caciotte de montagna!
    Pasticci dorci, gnocchi,
    timballi fatti apposta,
    un pranzo co' li fiocchi! una cuccagna! -
    L'intessa sera, er Sorcio de campagna,
    ner traversà le sale
    intravidde 'na trappola anniscosta;
    - Collega, - disse - cominciamo male:
    nun ce sarà pericolo che poi...?
    - Macché, nun c'è paura:
    - j'arispose l'amico - qui da noi
    ce l'hanno messe pe' cojonatura.
    In campagna, capisco, nun se scappa,
    ché se piji un pochetto de farina
    ciai la tajola pronta che t'acchiappa;
    ma qui, se rubbi, nun avrai rimproveri.
    Le trappole so' fatte pe' li micchi:
    ce vanno drento li sorcetti poveri,
    mica ce vanno li sorcetti ricchi!

    La favola del Re Trentratré

    C’era una volta un re che si chiamava Trentatrè.
    Un giorno Trentatrè pensò che un re deve essere giusto con tutti.
    Chiamò Sberleffo, il buffone di corte: “Io voglio essere un re giusto – disse Trentatrè al suo buffone – così sarò diverso dagli altri e sarò un bravo re”.
    “Ottima idea maestà” – rispose Sberleffo con uno sberleffo. Contento dell’approvazione il re lo congedò.
    “Nel mio regno – pensò il re – tutti devono essere uguali e trattati allo stesso modo”. In quel momento Trentatrè decise di cominciare a creare l’uguaglianza nel suo palazzo reale.
    Prese il canarino dalla gabbia d’argento e gli diede il volo fuori dalla finestra: il canarino ringraziò e sparì felice nel cielo. Soddisfatto della decisione presa, Trentatrè afferrò il pesce rosso nella vasca di cristallo e fece altrettanto, ma il povero pesce cadde nel vuoto e morì.
    Il re si meravigliò molto e pensò: “Peggio per lui, forse non amava la giustizia”.
    Chiamò il buffone per discutere il fatto. Sberleffo ascoltò il racconto con molto rispetto, poi gli consigliò di cambiare tattica.
    Trentatrè, allora, prese le trote dalla fontana del suo giardino e le gettò nel fiume: le trote guizzarono felici.
    Poi prese il merlo dalla gabbia d’oro e lo tuffò nel fiume, ma questa volta fu il merlo a rimanere stecchito.
    “Stupido merlo – pensò Trentatrè – non amava l’uguaglianza”. E chiamò di nuovo il buffone Sberleffo per chiedergli consiglio.
    “Ma insomma! – gridò stizzito il re – come farò a trattare tutti allo stesso modo?”.
    “Maestà – disse Sberleffo – per trattare tutti allo stesso modo bisogna, prima di tutto, riconoscere che ciascuno è diverso dagli altri. La giustizia non è dare a tutti la stessa cosa, ma dare a ciascuno il suo”.

    4) Infine riflettiamo sul discorso iniziato in classe (basato su “Per questo mi chiamo Giovanni”), sulle persone ordinarie che hanno condotto una lotta straordinaria contro la mafia:

Attività:

Rispondi a queste domande: 

  1. Come definiresti la giustizia?
  2. Quali sono i suoi scopi? Perché è necessaria nella vita dell’uomo?
  3. Dovessi elencare le sue caratteristiche, quali ne individueresti?
  4. Commenta la vignetta al punto 2. Cosa significa? Quali sono le tue riflessioni a riguardo?
  5. Commenta i testi “Sorcio di campagna” e “La favola del re Trentratré”: Che riflessioni ti suscitano? Quali sono i messaggi che lanciano?
  6. Che cosa è per te l’ingiustizia? Quali sono le ingiustizie di cui tu hai fatto esperienza?
  7. Come reagisci/ hai reagito di fronte a questa ingiustizia? Quali soluzioni sono state adeguate e quali si sono rivelate sbagliate.
  8. “Adotta una vittima di mafia”: scegli tra i personaggi elencati nelle slide uno che ti ha particolarmente colpito e conduci una ricerca su di lui/lei (cartellone, ricerca, word, power point, video…)

Concludiamo l’attività con la stesura di un testo riflessivo [foto e mappa da inserire].

La prof

Informazioni su Cristina Galizia

Docente di lettere nella Scuola secondaria di I grado IC San Vito Romano (Rm)
Questa voce è stata pubblicata in legalità, letteratura, promessi sposi, scrittura creativa, testo riflessivo e contrassegnata con , , , , . Contrassegna il permalink.

Una risposta a IIIA: La giustizia nei Promessi Sposi

  1. Pingback: IIIA: L’imbroglio della ragione: Promessi sposi, Dante e la pareidolia | Arringo

Lascia un commento