IIIA: L’imbroglio della ragione: Promessi sposi, Dante e la pareidolia

Proseguiamo nella lettura dei Promessi Sposi e nell’analisi del grande desiderio di giustizia che pervade i nostri protagonisti.

Dopo aver tentato la strada del dialogo con Don Abbondio, quella della legge con Azzeccagarbugli e quella del faccia a faccia di Fra Cristoforo con il prepotente Don Rodrigo, scoraggiati, i promessi sposi, su suggerimento di Agnese, tentano l’ultima carta, quella del matrimonio a sorpresa. Sembra un colpo di genio, quella della povera Agnese ed ha una sua logica e correttezza: è matrimonio valido a tutti gli effetti quello celebrato davanti al sacerdote con dei testimoni. Nel frattempo, lo stesso Don Rodrigo, stanco per non riuscire ad impossessarsi di una contadinotta “di modesta bellezza” organizza per la stessa notte un rapimento.

Tanto Renzo e Lucia, quanto Don Rodrigo tentano la carta della furbizia, dell’inganno: laddove i tentativi umani di risolvere un “garbuglio” sembrano cadere invani, l’uomo, da sempre, gioca la carta estrema dell’imbroglio. Ma il risultato è altrettanto scontato: un fallimento.

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Esattamente come Dante, anche i nostri sposi pensano di potercela fare tranquillamente da soli a superare la difficoltà, sviando, smarcando, bluffando. Pensano di poter manipolare la vita, la realtà a proprio piacimento e non accettano che nella vita ci siano eventi assolutamente fuori da ogni logica e controllo umani, verso i quali a nulla vale la ragione, men che meno l’imbroglio. Anche Dante, uscito dalla selva, per ben tre (infinitesimali) volte si illude di poter proseguire tranquillamente il viaggio verso il colle, finché la lupa…non lo convince con il suo sguardo “suadente” a fare dietro-front 😉

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Tanto Dante, quanto Renzo e Agnese (Lucia asseconda incerta il loro volere), quanto Don Rodrigo si sentono furbi, scaltri,  più di chiunque altro: basta fingere un matrimonio, basta smarcare le fiere, basta rapire la ragazza ed è fatta.

Non solo. Tutti loro sono convinti che quell’imbroglio che hanno architettato sia  la cosa giusta da fare: vedono il male come se fosse il bene, fanno un grosso errore di prospettiva. Non si chiedono (eccezion fatta per Lucia) se sia giusto operare in questo modo:la giustizia diventa estremamente personale, piegata al proprio punto di vista. E’ giusto quello che fa comodo. Punto.

Per spiegarvi meglio…questo errore di “prospettiva” nel vedere le cose della vita, vediamo queste foto:

Si chiama pareidolia, ovvero “la tendenza a vedere forme ed oggetti riconoscibili nelle strutture amorfe che ci circondano”, come la definisce E. Pulvirenti nel blog Didatticarte, in cui ci sono altri esempi di questo tipo. Non è solo un gioco di parole: la prospettiva con cui si guarda a qualcosa (sia esso oggetto o evento) determina le nostre convinzioni. Guardate queste due foto:

Significative, no? 😉

ATTIVITA’ DI RIFLESSIONE E SCRITTURA PERSONALE: Ti è mai capitato di ingannare qualcuno, pur di uscire da una brutta situazione e di non esserci riuscito? Racconta, usando quanto più le tecniche di scrittura finora apprese.

Informazioni su Cristina Galizia

Docente di lettere nella Scuola secondaria di I grado IC San Vito Romano (Rm)
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